giovedì 7 luglio 2011

Il libro "Cuore" è sempre con noi


Qualche sera fa c'è stata una rissa in un rione romano che guarda il Colosseo.

Il rione ha conservato le ottocentesche  strette vie che hanno ricalcato il reticolo della antica suburra, secondo la logica urbanistica prevalente a Roma, per cui nulla si crea e nulla si distrugge.
Il luogo ideale per una rissa, nell'assenza totale del doveroso controllo del territorio, soprattutto di un sabato sera alcolico come ormai è abitudine anche da noi. 

In questa rissa, nata e cresciuta sull'esigenza di picchiarsi e niente altro -  nessuna provocazione, nessuna vendetta, nessun motivo politico -  un giovane musicista  è stato ridotto in coma e tuttora la sua vita è sospesa, in un ospedale: forse sopravviverà, forse no.

Uno di quelli che hanno partecipato a ridurlo in quel modo  è un bambino vivacissimo e strafottente, dagli occhi neri, lo sguardo e l'andatura da furetto: è venuto a casa mia a giocare con gli altri compagni di scuola  passandomi di corsa davanti come una freccia, e quando gli ho detto: "...beh?" "eh...beh,ciao, Mamma di M!" mi ha risposto, abbassando lo sguardo, una dozzina di anni fa.

Frequentava le elementari in un istituto privato e gestito da suore, con mio figlio e con tanti altri bambini della stessa zona, ma già allora era un bambino uguale e diverso dagli altri : molto aggressivo, reagiva picchiando, e molto sveglio e vivace.

Il suo ambiente familiare era decisamente più difficile di quello degli altri; pure, mi sembrava un bambino amato e seguito, a suo modo.

Ma qual è il modo giusto?

Era molto invidiato dai suoi coetanei perchè lontano parente di un giocatore di serie A, parentela di cui ovviamente era fierissimo e per la quale poteva indossare la maglietta da calcio col suo nome con molto più "diritto" rispetto agli altri piccoli Totti  e finti Maldini in formato mignon.
 
A me era simpaticissimo, mi piaceva la sua intelligenza pronta, come la lingua, e il suo ritrarsi veloce quando lo si fissava.

Un pomeriggio orribile, quando il percorso scolastico stava per finire,  le religiose che gestivano la scuola ritennero loro dovere convocare le famiglie, compresa la sua, per soddisfare le richieste di qualche genitore, disturbato dalla sua aggressività.

Fu orribile davvero, un processo in pubblico, in cui erano le suore a distinguersi per la loro rigida intolleranza e il desiderio di espellere quel corpo estraneo, quel bubbone fastidioso che tanto sporcava il lindore della scuola.

Fui proprio io, che allora mi interessavo agli studi sull'inclusione, e avevo molte più illusioni, a fare un intervento, davvero appassionato, appunto sulla grande opportunità che abbiamo di includere; sulla ricchezza e la gestione della diversità, sul ruolo dell'educazione e dell'apprendimento reciproco...

Fui convincente perchè ero commossa e indignata, e a volte le emozioni trascinano per contagio, se non per  razionale convinzione.
Funzionò.

Quello che in quel momento serviva, cioè non escludere il bimbo, cacciandolo via da noi, avvenne.
Il piccolo "Franti" rimase con gli altri "Enrico" che popolavano la scuola.

L'ho poi perso di vista, sommerso come tutti dalla vita e dagli impegni; sapevo ogni tanto dai racconti di mio figlio, che lo incontrava appunto nel quartiere,  che non aveva seguitato negli studi come tutti gli altri, e un po' lavorava  nel locale di sua madre, un po' giocava al calcio.

E' riemerso così.

Le foto non le ho viste, ma ho letto le sue dichiarazioni che i quotidiani hanno riportato, e mi hanno riportato anche la sua voce, intatta, di quando si giustificava dicendo: ..."gli ho dato solo 'du pugni!"  però quando l'altro bimbo piangeva, piangeva lui pure ed era addolorato davvero, e diceva che gli era scappata, che non voleva, che gli dispiaceva, e "non ti eri fatto male, vero?,  mai più, mai più...."

Non  so niente di questa dozzina di anni trascorsi, ma non c'è stata nessuna inclusione, evidentemente.

I falsi calciatori  in miniatura sono tutti all'Università, e hanno diligentemente seguito il loro destino di "Enrico" della classe.
Anche il piccolo calciatore vero, il furetto intelligente, non è stato in grado di sottrarsi al suo di destino, di "Franti" appunto, che aveva trovato già scritto davanti a sé.