martedì 18 maggio 2010

homo oeconomicus e comportamento razionale al tempo della Destra

Leggo oggi gli articoli dei quotidiani sul ddl Lavoro che reintroduce l'arbitrato nelle controversie legate alla soluzione dei rapporti di lavoro, arbitrato su cui persino il Presidente della Repubblica si era pronunciato, chiedendo di tener conto della debolezza evidente di un neo-assunto rispetto all'azienda.

Il Pd aveva presentato un emendamento che introduceva la scelta del lavoratore, la possibilità cioè di scegliere se rivolgersi al giudice o a un collegio arbitrale; il relatore del PdL, Castro, annuncia che la maggioranza ha deciso di non accettarlo.
La motivazione è: "...proporremmo un modello antagonista, e soprattutto favoriremmo una posizione opportunistica, il lavoratore sceglierebbe tatticamente quello che più gli conviene!"

Ecco, appunto.

Questa destra ha una capacità ineffabile, indicibile, che proverò appunto a "dire", a descrivere, e che mi stupisce e mi affascina, come mi affascinano i giochi di prestigio, anche quelli stupidi.

Il fondamento della teoria economica classica ( e dunque del liberismo tanto caro persino a questa destra, che ne riempie i discorsi, e caro anche a tutta la destra mondiale, il che non è poco) è l'"homo oeconomicus", che, in quanto razionale, persegue la massimizzazione del proprio benessere; questa è addirittura calcolata dagli economisti con una funzione matematica, detta "funzione di utilità" .
Cosa fa in sostanza l'homo oeconomicus, razionale per definizione?

1)analizza le situazioni e il contesto in cui si trova, cercando di prevedere gli accadimenti futuri che lo coinvolgeranno;
2)massimizza la sua utilità, usando al meglio le risorse di cui può disporre.

Importante: la nozione di utilità è associata in economia a quella di benessere!

Ne consegue dunque che, soprattutto in un "meraviglioso" mercato interamente libero -quello che la destra dice di amare e a cui dovrebbe tendere - attribuendo a tutti gli agenti economici queste caratteristiche razionali, la somma delle utilità degli individui singoli diviene "il" benessere sociale.

E qui mi fermo, ma (so che) si potrebbero costruire modelli matematici che massimizzano l’utilità di ciascuno, ovviamente complementari alla ipotesi dell’efficienza del mercato.

Tutto ciò ricordato, la domanda è: perchè ciascuno sì, come dice la teoria di cui sopra, ma i lavoratori no, soprattutto i neo-assunti?

Perchè gli "agenti economici", cioè quelli che agiscono, semplicemente, in un mercato, come anche quello del lavoro è, possono avere comportamenti razionali, ma questi benedetti neo-assunti no e poi no?

E perchè noi tutti (anche le imprese, e giustamente) possiamo sommare le nostre utilità singole e sentirle definire "benessere collettivo", ma l'utilità dei neo-assunti assolutamente non dev'esserci?

Il gioco è di prestigio ma di quelli stupidi, l'avevo premesso!

Però mi colpisce sempre, come quando si sa che le monete ( o i fazzoletti, o i conigli ) erano lì da prima, e uno dice "...che stupidaggine!" eppure guarda, ascolta, si è concentrato ad osservare....